domenica 7 marzo 2010

A cosa serve la rassegna stampa?/1 (e una digressione richiesta dal momento)

Le abitudini consolidate diventano una seconda natura, si sa.
Qualcuno si sveglia la mattina alle 5, entra in una stanza e assonato inizia meccanicamente a scansionare i quotidiani e le riviste. I software cercano le parole chiave relative ai vari clienti e salvano in un'apposita cartella gli articoli dove esse compaiono.
Ogni bravo comunicatore, lavori in agenzia o in azienda o da autonomo, ogni mattina meccanicamente prende il suo caffé e sfoglia la sua rassegna stampa.
Il manager inizia la giornata scorrendo meccanicamente, magari sul suo Blackberry, la sua rassegna stampa e crede così di essersi fatto un quadro di massima della giornata. Di ieri.
In un tempo non lontano (diciamo fino a 15 anni fa) la rassegna stampa riusciva a dar conto del dibattito in seno all'opinione pubblica e delle iniziative di comunicazione delle aziende, che passavano quasi solo attraverso pubblicità, eventi e ufficio stampa.
Oggi stupisce come la pigrizia mentale di aziende e comunicatori non abbia apportato sostanziali modifiche a uno strumento elaborato quando radio e televisione erano agli albori e i social media non venivano nemmeno immaginati nei libri di fantascienza.
Ma proprio mentre scrivo ho letto su Repubblica.it un lancio ANSA che parlava di varie manifestazioni di protesta del popolo viola contro il decreto che ha salvato le liste PdL in Lombardia e Lazio stravolgendo le regole per la presentazione delle liste elettorali. Insoddisfatto della stringatezza del take, sono andato su Facebook, dove uno dei promotori del No cav Day, il giornalista dell'Espresso Alessandro Gilioli, aggiorna oramai il suo blog anche quattro volte al giorno. Lì ho trovato le informazioni che cercavo, compreso l'elenco delle manifestazioni oggi programmate in Italia.
In realtà nel nuovo ciclo della notizia, che si pensava avesse raggiunto la sua saturazione con le televisioni all news, sono stati immessi migliaia di nuove fonti attraverso twitter, facebook e gli altri media sociali e personali. Ma la dilatazione del ciclo della notizia ha portato anche a una velocizzazione delle reazioni sociali, per cui gran parte delle manifestazioni che in questo momento si stanno svolgendo in tutta Italia sono state organizzate in maniera virale attraverso i social media.
Le agenzie di stampa non riescono a dar conto in maniera adeguata del fenomeno (e di tanti altri fatti). Figuriamoci, a sua volta, l'informazione scritta a stampa. Figuriamoci, a sua volta, la buona vecchia rassegna stampa.
In realtà negli Stati Uniti sono stati elaborati negli ultimi mesi strumenti di analisi alquanto raffinata del cosiddetto "buzz online", capaci di monitorare quali sono le idee e i sentimenti della nebulosa in espansione dei fruitori e produttori di social e personal media. Ma a questo punto rimando i lettori al mio prossimo post.
Ora intendo evidenziare che proprio questo incredibile ritardo delle classi dirigenti italiane, ancora legate alle rituali letture della rassegna stampa e del sondaggio d'opinione, potrebbe consentire di ricostruire una coscienza civica in milioni di persone, quasi una terapia intensiva dopo il coma televisivo di questi decenni.
Internet salverà l'Italia, si potrebbe dire banalmente?
No.
Saranno gli italiani a decidere se vogliono salvarsi, ma i social e personal media offrono a loro una possibilità in più, e un alibi in meno.

1 commento:

elisa ha detto...

non mi sorprende che la classe dirigente non capisca che i tempi sono cambiati: abbiamo una classe dirigente vecchia, non solo e non tanto sulla carta d'identità, ma nell'anima e nella testa, perché anche un 40enne può essere talmente cristallizzato nello status quo (soprattutto se ha avuto la fortuna - chiamiamola così...- di trovarvi il proprio bel posticino) da farsi sordo, cieco e muto di fronte al mondo che cambia. Anzi, in Italia si fa di più, come al solito: ciò che non si conosce - o non si è in grado di governare - si sminuisce o si demonizza...