mercoledì 4 giugno 2008

Rai, di pochi, di meno

La sinistra celebra da sempre la RAI come la più grande industria culturale del Paese. Potrebbe anche essere vero, solo che la sinistra (figuriamoci la destra) non ha mai proposto un piano strategico che coinvolgesse la RAI nello sviluppo culturale degli italiani. Ci si è sempre accontentati di dividersi scranni, poltrone, seggiole e strapuntini, senza dimenticare i posti in piedi. D’altra parte se c’è proprio un’azienda italiana che smentisce la presunta diversità della sinistra nella gestione della spartitocrazia questa è proprio la RAI.

Se fosse vero che la RAI è un’azienda culturale qualcuno dovrebbe proporre di arricchirla con giovani intelligenze e nuovi percorsi culturali. Insomma, un piano di assunzioni attraverso un concorso rigorosissimo (almeno più duro degli esami di ammissione alla Normale di Pisa) di cinquanta giovani all’anno per i prossimi dieci anni, aperto a giovani più colti e intelligenti d’Italia. Per ridurre il rischio di raccomandazioni si potrebbero mettere online i risultati e le prove di tutti i candidati, così la commissione di valutazione si troverebbe sotto il controllo dell’intera nazione.

Ma nessun politico potrebbe mai appoggiare una proposta del genere. Il signor Valter, che da sempre è attentissimo alla spartitocrazia televisiva, e Re (Viagra) Silvio si troverebbero troppe persone non più controllabili dentro un baraccone che fa comodo tenere nello stato da encefalogramma piatto in cui si trova.

Troppa poca competenza e troppa politica: la tradizionale pozione italiana per distruggere le aziende pubbliche.

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